María Teresa Ruiz González (Santiago del Cile, 24 settembre 1946) è un'astronoma cilena, presidente dell'Accademia cilena delle scienze dal 2015, la prima donna a conseguire un dottorato in astrofisica all'Università di Princeton e la prima a ricevere il Premio nazionale per le scienze esatte del Cile nel 1997. Ha scoperto la nana bruna Kelu-1.
María Teresa Ruiz nel 2015
Biografia
Nata a Santiago del Cile nel 1946, è stata la prima donna a studiare con successo l'astronomia all'Università del Cile, la prima scienziata a ricevere un dottorato in astrofisica all'Università di Princeton e la prima donna a ricevere il Premio nazionale per le scienze esatte[1]. Ha inoltre ricevuto un post-dottorato presso l'Osservatorio di Trieste e ha lavorato per due anni all'UNAM, l'Istituto di Astronomia in Messico. Nel 1997, è stata la prima donna a ricevere il Premio nazionale cileno per la scienza.
Localizzazione dell'oggetto nella costellazione dell'Idra.
Ha fatto ricerche a Trieste, in Messico e a New York, prima di ottenere una borsa di studio Guggenheim.
Scoperta di Kelu-1
Nel 1987 scoprì Kelu-1, una nana bruna binaria situata nella costellazione dell'Idra (ad una distanza di circa 61 anni luce dalla Terra[2]), una delle prime nane brune di classe L non orbitanti intorno a stelle ad essere stata scoperta.
Confrontò lastre recenti con lastre fotografiche degli anni settanta ottenute mediante il telescopio 1-m ESO Schmidt Camera e fece ulteriori studi spettroscopici con il telescopio ESO 3,6m (tutti e due apparecchi appartenenti all'osservatorio di La Silla, nel Cile) su oggetti selezionati che avevano un elevato moto proprio. Questa ricerca denominata The Calán-ESO proper-motion survey, aveva come fine specifico quello di cercare un altro tipo di oggetto celeste: le nane bianche.
Nel mese di marzo 1997 il telescopio fu puntato verso un oggetto selezionato per il suo elevato moto proprio tramite il confronto di una lastra fotografica del 1979 e un'altra del 1993. L'oggetto, con una magnitudine apparente nella banda R del visibile di 19,5, si presentava molto debole rispetto alla sensibilità degli strumenti utilizzati, con picchi di radiazione spostati di molto verso l'infrarosso. Queste caratteristiche di bassissima luminosità e la sua specificità dello spettro suggerirono si trattasse di una nana bruna.
Nella pubblicazione Ruiz et al. (1997)[3] dettero spiegazioni sul nome scelto: kelu indicava "rosso" nella lingua mapudungun, mentre il perché del numero 1 non fu chiarito nell'articolo[4]. L'articolo di Ruiz et al. che annunciava la scoperta di Kelu-1 fu ricevuto il 5 settembre 1997 da Astrophysical Journal Letters, approvato per la pubblicazione il 16 settembre e pubblicato effettivamente il 6 novembre dello stesso anno[3].
Ruiz et al. pubblicarono nel 2001 il Calán-ESO Proper-Motion Catalog (CE Catalog), un catalogo che conteneva 542 stelle ad elevato moto, identificate mediante il confronto tra le lastre del telescopio ESO 1-m Schmidt, prese a intervalli di tempo che andavano dai 6,4 ai 16 anni. Inclusa nel catalogo con il numero 298, Kelu-1 venne conosciuta da allora anche con il nome alternativo di CE 298[5].
Docenza
Da maggio 2016 è membro dell'Accademia delle scienze cilena e professore all'Università del Cile[6] dove insegna astronomia. È anche membro del Centro de Astrofísica CATA (CATA Center for Astrophysics)[7].
Riconoscimenti
Presidential Chair in Science, 1996
Chancellor's Medal, Università del Cile, 1996
Sciences National Award, 1997
Premio Nacional de Ciencias Exactas, 1997
Chancellor's Medal, Università del Cile, 1998
Membro dell'Accademia delle scienze del Cile 1998 (eletta presidente nel 2015[8])
Labarca Merit Award, 2000
Member onorario dell'American Astronomical Society dal 2005[9]
L'Oréal-UNESCO Awards for Women in Science, 2017[10].
. È l'unico caso di uso nell'astronomia moderna di parole appartenenti alla lingua mapudungun. Anche i nomi dei quattro telescopi da 8,2 metri del Very Large Telescope (Antu, Kueyen, Melipal e Yepun) derivano dalla stessa lingua
M. T. Ruiz et al., Calán-ESO Proper-Motion Catalog, in The Astrophysical Journal Supplement Series, vol.133, n.1, 2001, pp.119-160, DOI:10.1086/319188. URL consultato il 25 febbraio 2014.
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